Emozione e connessione mente-corpo

Emozione e connessione mente-corpo

L’argomento Emozioni mi ha sempre incuriosito e affascinato fin dai primi anni Universitari, durante i quali ricordo che quando lessi il manuale di psicologia generale, e in particolare i capitoli relativi alle varie teorie ed esperimenti sulle emozioni, rimasi un po’ deluso e con diverse domande tra le quali: che cosa sono realmente le emozioni? Le emozioni esistono nel momento in cui le nomino, oppure esistono a prescindere?

Una cosa mi si stava chiarendo ed era il fatto che, nonostante non avessi mai letto prima argomenti specifici sull’argomento un sentire mi caratterizzava, anche se era un sentire non cosi ben definito e  non  semplice da definire con le categorie e le classificazioni di cui parlava il manuale. Nel manuale tra l’altro venivano presentate teorie molto differenti sulle emozioni: alcuni autori definivano le emozioni come reazioni fisiologiche tout court mentre altre le definivano come esperienze interne influenzate dall’attribuzione cognitiva e quindi determinate dal fatto di dare un nome a ciò che si prova.

Solo molti anni dopo quei primi anni universitari incontrai una definizione che metteva un po’ di chiarezza con la lettura di quello che diventò uno dei miei libri preferiti di psicologia, “The body Keep the score” (Il corpo accusa il colpo), di Bessel Van Der Kolk.

In quel libro trovai un capitolo molto interessante che dava una definizione semplice ed efficace di che cosa sono le emozioni: reazioni adattive alle circostanze ambientali e segnali di preparazione all’azione. Bessel citava un libro di Charles Darwin, “Le espressioni delle emozioni negli uomini e negli animali”, nel quale l’autore scriveva che gli animali provano emozioni e le esprimono attraverso le espressioni facciali in modo simile alle persone. Per Darwin, riporta Van Der Kolk, “le emozioni dei mammiferi hanno le loro radici nella biologia: sono fonti indispensabili di motivazione per iniziare le azioni. Le emozioni (dal latino emovere – muovere fuori) danno forma e direzione a qualunque cosa facciamo, e la loro espressione primaria è tramite i muscoli della faccia e del corpo. Questi movimenti facciali e del corpo comunicano i nostri stati mentali e intenzioni agli altri. Le espressioni di rabbia e le posture minacciose ammoniscono di starci alla larga. La tristezza attira, suscita un senso di cura e attenzione. La paura ci segnala bisogno di aiuto o ci mette in allerta circa un pericolo.” Bessel va oltre e riporta che Darwin osserva che “il fondamentale proposito delle emozioni è quello di iniziare movimenti che ripristino l’organismo ad una sicurezza ed equilibrio fisico” (“The body keep the score” B. Van Der Kolk). Inoltre viene riportato questo passo che descrive quello che oggi viene definito come disturbo post traumatico da stress, e che riporto perché lo trovo molto interessante:

“Comportamenti di evitamento o di fuga rispetto al pericolo si sono chiaramente evoluti per rendere ogni organismo competitivo in termini di sopravvivenza. Ma, un comportamento di evitamento o di fuga prolungato mette l’animale in disvantaggio rispetto alla richiesta di riproduzione della specie la quale, dipende dal nutrire, e dalle attività di cura, protezione e accoppiamento che sono l’opposto dell’evitamento e della fuga”.

In altre parole, aggiunge Van Der Kolk, “se un organismo è bloccato nella modalità di sopravvivenza, le sue energie sono focalizzate nel combattere dei nemici invisibili, il che non lascia spazio per allevare e crescere, prendersi cura ed amare.”

Viene messo in luce da Van Der kolk come Darwin scrisse circa la connessione mente-corpo che tanto oggi viene studiata e di come già le emozioni venissero considerate esperienze intense che coinvolgono non solo la mente ma anche la pancia e il cuore:

“Cuore, pancia e cervello comunicano intimamente attraverso il nervo ‘pneumogastrico’, il nervo critico coinvolto nell’espressione e nella gestione nelle emozioni sia negli animali che negli esseri umani. Quando la mente è fortemente eccitata, istantaneamente influenza lo stato delle viscere; così sotto eccitamento ci sarà una maggiore mutua influenza di azione e reazione tra le due, i due più importanti organi del corpo” (“L’espressione delle emozioni negli uomini e negli animali”,C. Darwin).

Questi passaggi spiegherebbero il fatto che, se viviamo troppo le nostre emozioni nella testa rimanendo nel controllo, perché sentire le emozioni nel corpo a volte può essere troppo forte, questo può portare a tutta una serie di comportamenti dannosi o autolesionisti per noi stessi, nel tentativo di anestetizzarsi dal sentire il peso delle emozioni nel corpo, come ad esempio l’utilizzare droghe e alcol, aggrapparsi disperatamente ad un altro essere umano, oppure il tagliarsi con un coltello.

Riporto questo ultimo passaggio di questo illuminante paragrafo di Van Der Kolk:

“Quanti problemi psicologici, dalla dipendenza da droghe o comportamenti autolesionisti, iniziano come tentativi di avere a che fare con l’intollerabile dolore fisico delle nostre emozioni? Se Darwin aveva ragione, la soluzione richiede il trovare vie per aiutare le persone ad alterare il paesaggio sensoriale interno del corpo.

Questo metterebbe in luce la comunicazione bidirezionale tra mente corpo tanto trascurata dal mondo della scienza fino a poco tempo fa e già conosciuta dalle culture tradizionali come nello yoga” (“The body Keep the score”Van Der Kolk) e nelle popolazioni native del Nord America, aggiungo io.



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